5 gennaio 2016

Cinque donne morte di parto in 7 giorni: che sta succedendo?

Cinque donne morte di parto in una settimana. Non in strutture decrepite o abbandonate, ma in ospedali di eccellenza che ogni anno gestiscono migliaia di nascite. Cosa sta succedendo?
Le notizie di questi giorni sono inquietanti e preoccupanti. E' evidente che se alle future mamme con gravidanze a basso rischio fosse garantita un'assistenza personalizzata e demedicalizzata e al tempo stesso si promuovesse la presenza delle ostetriche in sala parto, garantendo alle donne un'assistenza continua durante il travaglio e il parto, il rischio di mortalità materna e infantile crollerebbe. 
Ma intanto bisogna far fronte all'emergenza. Anche se la presidente della commissione Sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi e Serena Donati dell'Istituto Superiore di Sanità, gettano acqua sul fuoco: "L’Italia è tra i Paesi più sicuri al mondo per partorire - dice la De Biasi - e tutto questo grazie a un grande lavoro del Servizio sanitario nazionale. Però se succede ancora, nel 2016, che il parto sia fatale significa che c’è qualcosa da migliorare". Ma davvero? Oltre a rassicurare le future mamme italiane, la De Biasi lancia una proposta: l’istituzione del registro delle morti materne. Un'iniziativa attiva in altri paesi che, spiega, potrebbe aiutare a studiare i diversi casi per scoprire se esistano fattori comuni e di conseguenza eventualmente intervenire. Anche per Serena Donati è tutto sotto controllo. "Non c'è nessuna emergenza. Può capitare che anche fenomeni rari come le morti per parto si verifichino in rapida successione in periodi molto brevi". Soprattutto a Natale, sarebbe da dire, quando il personale, già molto ridimensionato per la spending review, è ridotto all'osso.
Per mia esperienza personale posso affermare che in Italia è meglio non nascere e morire durante le ferie. 

Ovviamente la ministra della Salute Beatrice Lorenzin non è da meno e manda i suoi ispettori a indagare nei nosocomi. Al Sant'Anna di Torino, ad esempio, è risultato che è tutto a posto: non esistono "responsabilità dirette". Vedremo. La Lorenzin parla di "drammatica casualità", sottolinea la necessità di abbassare i fattori di rischio e fornisce alcuni dati sulla mortalità materna in Italia (10 casi su 100 mila) secondo cui "stiamo in linea con i parametri internazionali". Ma qualcuno ci dovrebbe spiegare come mai in Toscana la percentuale di mortalità materna è pari al 4,6 (ogni centomila nati vivi tra il 2006 e il 2012), e in Campania si impenna fino ad arrivare al 13,5... Differenze territoriali piuttosto sospette, considerando anche le cifre relative alla piaga del cesareo, minime al nord e massime al sud e nelle isole. Meditate gente, meditate....
Non solo! Invece di inviare le sue task force, la Lorenzin dovrebbe obbligare gli operatori della nascita (ginecologi, infermiere, ostetriche...) a sottoporsi ogni due anni a corsi di aggiornamento (attingendo anche e soprattutto a fonti internazionali) e a regolari esami per verificare le loro conoscenze, valutare il livello di formazione e la professionalità acquisita. 

Ma andiamo avanti. La ministra Lorenzin non pare scomporsi nemmeno di fronte a una giornalista di SkyTg24 che le chiede un commento sulla richiesta di un'indagine da parte dei parenti di Angela, la donna morta al Sant'Anna insieme alla bimba che aveva in grembo. Il marito denuncia che è rimasta sola e senza assistenza (e loro stessi sono stati informati ore dopo la morte della donna) . "Aspettiamo i risultati dell'indagine", risponde.

Intanto cinque famiglie sono state distrutte. La gioia si è tramutata in disperazione. Queste cinque donne sono morte e non sappiamo chi è il colpevole. Nè immagino, conoscendo come vanno le cose qui da noi, si saprà mai.

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